Zoofilia nella realtà e nella concezione attuale

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 16 febbraio 2019.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]

 

Era la quinta volta che vedevo quel signore garbato e distinto, tutto immedesimato nella sua carica di direttore, e per la quinta volta mi sentii ripetere che nella seduta seguente mi avrebbe rivelato un aspetto intimo, delicato e sconvolgente della sua personalità; ma nemmeno nell’incontro seguente ebbe il coraggio di parlarne. Dopo molto tempo, solo quando si sentì sicuro di poter essere compreso, cominciò a raccontare di un’esperienza vissuta nell’infanzia come qualcosa di magico: rimaneva estasiato a guardare delle galline e provava un’attrazione estremamente intensa per quegli animali; una reazione affettiva che, più tardi, interpretò come innamoramento.

Era il primo caso di zoofilia nella mia esperienza di psichiatra, e riguardava un paziente che si era rivolto a me per motivi del tutto diversi. La classificazione dei disturbi mentali adottata in Italia a quel tempo, anche se già il DSM-III aveva portato innovazione e divisione fra i clinici, includeva le parafilie come la zoofilia tra le psicopatie: una categoria minore che affiancava le ben più blasonate nevrosi e psicosi. Le congetture psicogene sull’origine di questi disturbi si sprecavano, ma per il loro scarso credito erano quasi invariabilmente ignorate dai trattati, nei quali all’interesse affettivo e sessuale per gli animali erano generalmente dedicate solo poche righe. Nei manuali d’uso clinico spesso la zoofilia era annoverata tra le perversioni, ovvero alterazioni delle normali spinte biologiche con spostamento dall’oggetto naturale di interesse ad altri oggetti animati o inanimati. Da poco era stata rimossa da questa categoria l’omofilia, considerata in precedenza tra le cause non biologiche di omosessualità. Tra le perversioni si descrivevano anche il sadismo e il masochismo, che la semeiotica di scuola italiana diagnosticava sulla base del piacere provato negli atti sadici o masochistici e nell’efficacia psicoadattativa di queste esperienze per le persone affette. Nei manuali di impronta psicodinamica, come nella maggior parte delle trattazioni psicoanalitiche delle perversioni, un posto particolare era occupato dal feticismo, sul cui modello Freud aveva sviluppato l’interpretazione teorica fondata sulle pulsioni parziali.

Tutto questo sembra appartenere ad un passato storico ormai lontano; tuttavia quei disturbi, anche se concepiti in una cornice teorica diversa e tendenzialmente interpretati su base neurobiologica, esistono ancora e richiedono di essere studiati, sia perché una precisa individuazione delle loro basi neurali potrebbe aiutare a comprendere i profili neurofisiologici dei processi psichici; sia, soprattutto, per fornire un migliore aiuto alle persone affette, per i frequenti vissuti conflittuali legati a queste tendenze.

Sendler, sessuologo forense, ha diretto uno studio di esplorazione multinazionale sulla zoofilia che fornisce informazioni interessanti su aspetti attuali di questa parafilia.

(Sendler D. J., et al., Contemporary understanding of zoophilia – A multinational survey study. Journal of Forensic and Legal Medicine 62: 44-51, 2019).

La provenienza degli autori è la seguente: Laboratory of Forensic Sexology, Legal Medicine, and Digital Ethnogrphy, Felnett Health Research Foundation, Staten Island, NY (USA).

Nell’accezione corrente le parafilie sono definite sulla base della manifestazione di interessi sessuali insoliti per oggetti inanimati, luoghi, individui o loro parti; la zoofilia, studiata da Sendler, è intesa come la condizione in cui una persona ha rapporti sessuali con animali.

Lo studio ha effettuato un sondaggio con un test realizzato dallo stesso autore e somministrato via internet a comunità di persone che condividono l’interesse sessuale per gli animali. Tutte le risposte al test sono state quantificate come percentuale di concordanza con una delle possibili scelte proposte.

Le domande del sondaggio sono state ripartite in quattro categorie tematiche: 1) world view, 2) personal space, 3) sex life, 4) online space.

In generale, le persone affette da parafilia zoofilica hanno mostrato una notevole coscienza di sé e della propria sessualità, e costoro, anche se perfettamente consapevoli di avere comportamenti illegali, non nascondono la convinzione che le loro azioni siano espressione di un sentimento d’amore. Il sondaggio ha rivelato che le PSA (persons who have sex with animals) ritengono che la qualità dell’esperienza sessuale con animali sia di gran lunga superiore a quella fisiologica tra esseri umani e indicano elementi fisici, quali la presenza di una pelliccia, come fattori capaci di esercitare un intenso effetto eccitante. L’eccitazione evocata dai caratteri morfologici di un esemplare sembra sia massima quando l’animale è visto in un luogo pubblico.

Le PSA utilizzano internet per entrare in contatto con altre persone con tendenza zoofilica e creano reti di comunicazione o comunità virtuali. Ma è emerso che, nella maggior parte dei casi, i rapporti rimangono confinati a comunicazioni online e scambi di materiale a distanza, senza lo stabilirsi di relazioni mediante frequentazione diretta. Questo comportamento, secondo quanto si legge negli esiti del sondaggio, è dettato da prudenza: la maggior parte delle persone attratte dagli animali è diffidente verso coloro che condividono la parafilia, particolarmente per ciò che concerne la sicurezza personale.

L’elemento essenziale comune per la caratterizzazione della zoofilia, che emerge da questa indagine, è il comportamento di ricerca della relazione e l’interesse per un legame di lunga durata con un partner animale.

È emerso anche che spesso le persone attratte fisicamente da specie diverse dalla nostra sono impegnate in battaglie sociali finalizzate all’ottenimento dell’accettazione collettiva della loro preferenza sessuale per gli animali, e frequentemente accostano il loro impegno a quello degli omosessuali. Molti di loro sostengono che, per eliminare lo stigma sociale che induce la discriminazione nei loro confronti, sia necessaria l’esclusione della zoofilia dai disturbi di interesse psichiatrico e, a tale scopo, chiedono la cancellazione della parafilia dall’elenco del Manuale Diagnostico e Statistico dell’American Psychiatric Association (DSM-5).

Questa richiesta va commentata. A nostro avviso non ha ragione di essere per vari motivi. In primo luogo, il DSM non è una raccolta nosografica di malattie mentali, ma un manuale che include un’estesa varietà di categorie di disturbi e disagi dovuti a uno spettro di cause che va dalla patologia cerebrale alle reazioni psicologiche all’ambiente, ed elenca problemi dovuti al vivere da soli, all’essere senza casa, all’esclusione sociale, alla povertà estrema, all’ambiente di lavoro, al contesto accademico, al basso stipendio, all’istruzione, alla carriera nell’esercito, a fatti connessi con la religione o la spiritualità, e così via. Pertanto, la tesi secondo cui l’inclusione in questo manuale darebbe luogo allo stigma perché indurrebbe all’assimilazione dei portatori di questa parafilia a “malati di mente” non è fondata. In secondo luogo, nel DSM-5, ossia la versione del manuale pubblicata nel 2013 ed attualmente in uso, alla pagina 705 la zoophilia compare in un piccolo brano di non più di quindici righe intitolato “Other Specified Paraphilic Disorder” 302.89 (F65.89), che menziona tutte le condizioni in cui si verifica eccitazione sessuale non convenzionale, a cominciare dalle telefonate oscene. Infatti, la ragione comune dell’inclusione nel manuale è data dal fatto che la condizione porti di frequente a rivolgersi a psichiatri e psicologi per richiesta di aiuto, cosa che, peraltro, avviene nella zoofilia molto più spesso di quanto si creda. Sebbene i militanti della legalizzazione delle pratiche sessuali con animali ignorino in quanti casi le persone con questa tendenza vivano conflitti interiori fino a crisi di identità e sperimentino la compromissione di rapporti interpersonali, il problema esiste e negarlo non serve a chi ne soffre.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-16 febbraio 2019

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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